Mercoledì 24 luglio – Villa Rufolo, ore 21.00 – BELLO TIEMPO PASSATO

Mercoledì 24 luglio – Villa Rufolo, ore 21.00 – BELLO TIEMPO PASSATO

24 Giugno 2024 | festival-2024

Mercoledì 24 luglio
Sala dei Cavalieri di Villa Rufolo, ore 21.00
Bello Tiempo Passato
Il primo intermezzo comico napoletano – 1673
Cappella Neapolitana
Direttore Antonio Florio
Posto unico non numerato € 35

Personaggi e interpreti:
Calabrese, Giuseppe Naviglio
Napoletano, Pino De Vittorio
Ragazzo, Olga Cafiero
Spagnolo, Rosario Totaro

Movimenti scenici, Pino De Vittorio
Costumi, Annalisa Giacci

Maestro collaboratore, Angelo Trancone

una produzione CAPPELLA NEAPOLITANA – Antonio Florio
Posto unico € 35

 

“BELLO TIEMPO PASSATO”
Il primo intermezzo comico napoletano – 1673
Dinko Fabris

Nella storia dell’opera in musica gli Intermezzi compaiono soltanto nel primo Settecento, in genere interpretati da coppie di cantanti-attori tra un atto e l’altro di un’opera seria. Ma la tradizione degli intermezzi è molto più antica e segue i percorsi della commedia dell’Arte durante il pieno Seicento, quando venivano introdotti tra gli atti delle commedie per intrattenere il pubblico pagante. Molti elementi dei comici dell’Arte passarono nell’opera in musica “alla veneziana” quando, dopo il 1637, compagnie specializzate cominciarono a rendere itineranti i melodrammi. A Napoli i primi intermezzi, chiamati spesso “tramezzi”, si ritrovano tuttavia nei libretti di opere sacre, un genere che ebbe una straordinaria fortuna soprattutto dopo il 1670, anno in cui fu presentata La colomba ferita, capolavoro di Francesco Provenzale, il più importante compositore napoletano del secolo, su un libretto di Giuseppe castaldo. La stessa coppia di autori presentò nel 1672 La Fenice d’Avila, opera sacra sulla vita di Santa Teresa, con “tramezzi” comici ed entrambi i titoli ebbero molte riprese fino alla fine del Seicento. Si trattava di vere opere, anche se di soggetto religioso, ed entrambe avevano tra i protagonisti due personaggi comici derivati dal mondo della commedia: il Napoletano e il calabrese. Nel 1673 fu rappresentata al San Bartolomeo, il teatro d’opera di Napoli nel Seicento, un melodramma profano su testo di Battista Pisani e musiche di Francesco Antonio Boerio, intitolato La Lisaura ovvero Il Disperato innocente. Nella partitura manoscritta che sopravvive troviamo per la prima volta due importanti inserzioni: un “Prologo” cantato da due commedianti con strumenti popolari e un “Intermedio” in cui agiscono quattro personaggi: un calabrese, un Napoletano, uno Spagnolo e un Ragazzo. Tranne quest’ultimo, che canta in italiano, gli altri commedianti utilizzano la loro lingua nazionale, resa buffa da approssimazioni e doppi sensi come descrive per gli stessi personaggi il più importante trattato teatrale del secolo stampato a Napoli nel 1699: Dell’arte rappresentativa, premeditata e all’improvviso di Andrea Perrucci. Intorno al 1673 Perrucci era il poeta stabile al servizio del San Bartolomeo, mentre il responsabile della musica era Provenzale: potrebbe essere questa la coppia cui si deve la stesura del primo intermezzo comico napoletano sopravvissuto, ricco di situazioni esilaanti e con una componente musicale raffinata e coinvolgente. Nel Prologo “Micco con calascione” e “cuosmo con violini” cantano un testo che rivela la conoscenza da parte dell’autore dei grandi classici della letteratura in lingua napoletana del Seicento: Basile, cortese e l’autore della Tiorba a taccone conosciuto come Filippo Sgruttiendo. Dopo aver citato una serie di poeti e cantastorie popolari ricorrenti in quegli autori, il Prologo diviene una satira dei costumi teatrali del tempo, Si indica inoltre che lo spettacolo sarebbe durato tre ore e recitato da sette “bell’umore” ossia commedianti.
L’intermedio con i suoi quattro personaggi si caratterizza come una vera e propria scena buffa a sé stante e senza rapporti con l’opera di Boerio in cui è inserito il manoscritto. Benedetto croce ricorda un sonetto di un “oscuro poeta dialettale” napoletano di fine Seicento, dedicato al celebre cantante castrato Matteuccio Sassano, in cui si alternano nelle rispettive lingue “no spagnuolo”, “no calavrese”, “no vecchiarello sciorentino” [fiorentino]  “Giorgio lo tedisco”, che dimostra come fosse diffuso l’uso del polilinguismo nelle scene comiche teatrali del tempo, elemento ribadito nel citato trattato di Perrucci del 1699: “…e tanti altri oggi si pratticano in diversi linguaggi, havendoli fatti in Toscno, altri in Napolitano, … e molti altri autori pratticandolo per lo più i Forastieri per deridere i Napolitani vanagloriosi, se ne sono fatti anche in Spagnuolo, in Romanesco, in calabrese, ed in Siciliano.”

La trama è assolutamente tipica dei canovacci delle compagnie comiche del Seicento. La scena si apre sui vicoli della Napoli spagnola del secondo Seicento, presumibilmente riconoscibili dal pubblico (si pensi alla tipica taverna del cerriglio, ricordata da tante cronache e divenuta proverbiale). In quei vicoli si aggira un Calabrese lamentandosi per un amore lontano e per le ingiustizie subite, nella sua lingua buffa e quasi incomprensibile. Lo ferma un Napoletano, un oste che vuole profittare della ingenuità del forestiero per spillargli soldi, proponendogli cibi appetitosi. Ma giunge un Ragazzo che da tempo insegue la sua preda, proprio il Calabrese sciocco, per farsene gioco: dopo averlo provocato con una secchiata d’acqua per calmarne i bollori, fugge inseguito dal Calabrese provocando la delusione del Napoletano che pensava già al ricco conto da riscuotere per il pranzo. Il calabrese torna riaccendendo la speranza dell’oste ma,
sul più bello, compare un soldato spagnolo, che come tanti “capitani” tipici della sua nazione, si vanta di essere un guerriero invincibile, e terrorizza il calabrese e il napoletano fino a quando non torna in scena il Ragazzo che lo costringe ad una ignominiosa fuga. Liberati tutti i presenti dal pericolo, l’oste chiede il conto al calabrese minacciandolo con toni aggressivi ma interviene ancora il Ragazzo-gustiziere che costringe gli altri attori a fare riverenza al pubblico, perché lo spettacolo è giunto alla fine.
La partitura alterna le parti recitative in dialogo tra alcuni personaggi o tutti insieme, con vere e proprie arie solistiche, alcuni duetti e brevi ritornelli strumentali a tre parti. Nello spirito dei coevi spettacoli di commedia dell’arte, sono state inserite delle danze suggerite dallo svolgimento della trama (il Napoletano dice, rivolgendosi al Ragazzo: “Pare Masto da ballo con tante reverenze”) e come nel Prologo i quattro protagonisti terminano salutando il pubblico:
“e a buie, care Segnure,
ve simmo tutte schiave, e serveture!”

Ensemble fondato nel 1987 da Antonio Florio, inizialmente col nome di Cappella della Pietà de’ Turchini, la Cappella Neapolitana è costituita da strumentisti e cantanti specializzati nell’esecuzione del repertorio musicale napoletano di Sei e Settecento, e nella riscoperta di compositori rari.
L’originalità dei programmi ed il rispetto rigoroso della prassi esecutiva barocca ne fanno una delle punte di diamante della vita musicale italiana ed europea ed uno dei complessi barocchi più celebri al mondo. L’ensemble è stato invitato ad esibirsi sui palcoscenici importanti di tutto il mondo (Accademia di Santa Cecilia di Roma, Teatro di San Carlo, Palau de la Musica di Barcellona, Berliner Philharmonie, Wiener Konzerthaus, Teatro Lope de Vega di Siviglia, Associazione Scarlatti di Napoli, Teatro La Monnaie di Bruxelles, Concertgebouw di Amsterdam, Teatro Colon di Buenos Aires, Cité de la Musique di Parigi, Philharmonie di Colonia, Opera di Losanna) e ha preso parte ai maggiori festival di musica antica europei: Festival Monteverdi di Cremona, Festival di Versailles, Nancy, Nantes, Metz, Caen, Ambronay, Festival de Otoño di Madrid, Festival di Musica Antica di Tel Aviv, Barcellona, Potsdam, BBC Early Music Festival, Saison Musicale de la Fondation Royaumount, Festival Mozart di La Coruña.
La Cappella Naeapolitana è inoltre uno dei complessi italiani, che proprio grazie alla altissima qualità esecutiva, alla unicità delle proposte musicali, ha tenuto più concerti all’estero: nell’arco della sua attività si è esibita in Cina, Giappone, Stati Uniti, Brasile, Colombia, Argentina, Cile, Uruguay, Messico, Russia, oltre che ovviamente in tutta Europa.
L’ensemble ha registrato per Radio France, per la BBC di Londra, per la Radio belga, spagnola, tedesca e austriaca e nel 1998 è stato impegnato nella realizzazione di un documentario per la televisione belga e di un film dedicato all’opera buffa per l’emittente franco-tedesca ARTE.
Particolarmente intensa è l’attività discografica per le maggiori etichette europee, con all’attivo oltre trenta registrazioni dedicate alla riscoperta dell’immenso patrimonio napoletano barocco e in più occasioni premiate dalla critica internazionale con i maggiori premi.
Tra i numerosi riconoscimenti ricevuti in trenta anni ricordiamo almeno: il premio Vivaldi della Fondazione Cini di Venezia, il premio Abbiati dell’Associazione Nazionale Critici Musicali, i numerosi“Diapason d’Or” per tante registrazioni ed il Premio “Charles Cross” dell’Accademie du Disque. Il 2018 è stato un anno particolarmente importante per la Cappella Neapolitana: trionfale è stata l’accoglienza del pubblico e della critica per l’ “Orfeo” di Monteverdi al Teatro Regio di Torino, i concerti al Concertgebouw di Amsterdam e a Gand, e la prima moderna del “Siroe re di Persia” di Leonardo Vinci al Teatro San Carlo di Napoli, registrato dall’etichetta Dynamic.
Il 2019 è stato ancora più intenso: due tra i principali festival musicali europei – il festival di Pasqua di Cracovia, ed il Festival di Utrecht – dedicano la loro programmazione a “NAPOLI” e ovviamente la Cappella Neapolitana con Antonio Florio, sono stati i protagonisti di eccellenza in questi festival ed il M° Florio ha inoltre curato la direzione artistica di tutta l’edizione del Festival a Cracovia. In gennaio 2020 ancora protagonisti con un bel tour in Olanda che ha toccato le città di Eindhoven, Utrecht, Tilburg e Groningen con il violoncellista Giovanni Sollima. Il 18 febbraio 2022 esce il CD edito da Warner Music “Tormento d’amore” in cui la Cappella affianca il celebre tenore inglese Ian Bostridge in un viaggio nelle arie per tenore dell’epoca barocca. Il concerto live ad Amburgo per l’ElbPhilharmonie li ha visti protagonisti con questo programma in novembre 2021, mentre alla Wigmore Hall di Londra in dicembre 2022. Tra gli ultimi impegni segnaliamo il concerto che l’Ensemble ha tenuto a Danzica per il Festival Actus Humanus il 13 dicembre 2023. Inoltre, sarà ancora protagonista a Bari e a Roma con un nuovo programma insieme al soprano Rosa Feola.
Dal 2016 l’Orchestra è ospitata in residenza presso la Domus Ars di Napoli, ed agisce come centro di ricerche e produzione nel campo dell’antica musica dell’Italia meridionale. Presidente onorario della nuova orchestra Cappella Neapolitana è il critico musicale di fama europea Juán Angel Vela del Campo. Consulente per le ricerche musicologiche, fin dalla creazione, è il musicologo italiano Dinko Fabris.