Il Palco del Ravello Festival

Il Palco del Ravello Festival

Villa Rufolo è situata su un terrazzo naturale, posto a circa 340 metri sul livello del mare, che domina il golfo di Salerno. Intorno al complesso di edifici vi è un lussureggiante giardino dovuto alla passione botanica di Francis Nevile Reid: un giardino ricco di piante esotiche, fiori, palme, pini e cipressi che, da oltre cinquant’anni, fanno da sfondo naturale ai concerti del Ravello Festival, il più antico d’Italia dopo il Maggio Musicale Fiorentino.

Non si sa chi abbia concepito per primo questa ardita impalcatura: forse Girolamo Bottiglieri e Paolo Caruso, che inventarono i “Concerti wagneriani nel Giardino di Klingsor”. I primi due concerti furono organizzati dall’EPT, nel settantesimo anniversario della morte di Richard Wagner. Il primo ebbe luogo il 18 giugno 1953 con l’orchestra del San Carlo diretta da Hermann Scherchen. Il secondo ebbe luogo il 21 giugno con la stessa orchestra diretta da William Steinberg. In entrambi i casi i musicisti furono collocati tra le aiuole. Ancora due anni dopo, come risulta da una foto del 1955, l’orchestra restava situata in giardino. L’immediato successo della geniale iniziativa spinse gli organizzatori a creare più posti per il pubblico. Di qui l’idea di utilizzare come parterre tutto lo spazio libero tra le aiuole del giardino e costruire nel vuoto, oltre il parapetto, un palco capace di accogliere solisti, orchestra e coro di una grande orchestra.

Lo spazio per costruirvi il palco fu individuato nell’area del Belvedere, prospiciente al mare e costituita da un torrione dalla cui sommità dipartono simmetricamente due scale che consentono di superare il dislivello di circa cinque metri e di raggiungere un terrapieno largo circa sei metri. Questo, a sua volta, è collegato alla parte sottostante dei giardini mediante scale e rampe di accesso.

Il palco è realizzato “nel vuoto”: la struttura tubolare poggiata sul terrazzamento sottostante si innalza per quindici metri fino a raggiungere il livello dei giardini. Ciò conferisce al palcoscenico un aspetto di leggerezza, quasi si librasse nell’aria. “Che dire di questo palco? – ha scritto Francesco Paolantoni – Non è un palco… è una nuvola nel cielo, sulla quale ci sono appoggiati degli angeli”.

In un primo tempo il pubblico era sistemato tra le aiuole. Quando divenne più numeroso e lo spazio in giardino non riuscì a contenerlo, allora si fece ricorso a tribune sopraelevate. A tale scopo, nel corso degli anni, sono state studiate diverse soluzioni tecniche, che da un lato rispettino le normative riguardanti i locali di pubblico spettacolo all’aperto, dall’altro consentano, con soluzioni poco invasive, la fruizione dei giardini anche nei giorni del Festival.

Si è dunque passati, da una tribuna che copriva completamente il Belvedere, fino ad inghiottire le colonne ottagonali, a una realizzazione che individua proprio nel torrino del Belvedere il suo punto nodale capace di favorire l’accoglienza del pubblico e di offrirgli un colpo d’occhio di straordinaria intensità emotiva.

La conformazione del terreno, caratterizzata da forme asimmetriche e da estrema varietà delle quote di appoggio rende particolarmente impegnativo lo studio, la progettazione e la realizzazione sia del palco che della tribuna. Altrettanto difficoltosa è la logistica degli spazi di accesso, così angusti da impedire l’uso dei moderni mezzi meccanici.

Per molte edizioni del Festival le tribune, la struttura portante del palco e il palco stesso sono stati costruiti con pali di legno. Come si può immaginare, la messa in opera richiedeva una straordinaria perizia artigianale e un lungo tempo sia per la costruzione che per lo smantellamento. Molti ancora ricordano i colpi d’ascia e di martello con cui i carpentieri impegnati nell’acrobatica costruzione rompevano per giorni e giorni il silenzio ravellese. Ma il prestigio del Festival è cresciuto parallelamente alla evoluzione tecnologica sicché, una ventina di anni orsono, l’ardita costruzione del palco e della tribuna ha sostituito la fitta trama dei pali di legno con il classico sistema a tubi e giunti su cui vengono installati dei praticabili in legno.

Infine, le sedie di legno sono state sostituite con più comode sedute in resina; l’acustica è stata notevolmente migliorata con pannelli in plastica attentamente studiati per esaltare la resa musicale senza sacrificare la bellezza del paesaggio.

L’incanto dei concerti e degli spettacoli di danza en plein air che si ripete ogni anno in Villa Rufolo dipende in parte non secondaria dal palco su cui si avvicendano le orchestre, i corpi di ballo e i singoli artisti. Si tratta, infatti, di una costruzione arditissima, che sporge fuori dal parapetto dei giardini, su uno strapiombo di ben 15 metri. L’effetto è suggestivo e ha contribuito non poco al successo del Festival.